Ero in volo per Parigi e quando è iniziata la di scesa, il comandante ha annunciato che c’era un problema tecnico per cui avremmo avuto un atterraggio d’emergenza all’aeroporto di destinazione, ci sarebbero stati i pompieri a bordo pista, ha raccomandato di seguire attentamente le istruzioni che ci avrebbero dato le hostess. Non ha detto altro.
Nell’aereo è sceso il gelo. Nessuno parlava.
Il io primo pensiero è stato: devo tirarmi fuori di qui. Non era possibile fare assolutamente nulla.
Allora ho pensato ai miei figli, a come sarebbe stata la loro vita senza di me (il primo pensiero ai figli: banale, ma reale).
Poi ho pensato che se quelli erano davvero i miei ultimi minuti di vita avrei dovuto forse pregare, ma non mi veniva nulla, forse ripensare alle cose belle della mia vita, forse fare un bilancio …
In realtà la mia testa era vuota e pensavo solo che entro pochi minuti avrei potuto morire bruciato: che questa volta era vero, non un pensiero teorico.
Immaginavo il mio corpo bruciare. Avevo le mani fredde ed una leggera nausea.
Ho pensato che tutte le cose dette (anche nel mio post precedente) sulla consapevolezza della nostra fragilità sono tutte fasulle: io non sono pronto a morire. Assolutamente no. Voglio vivere, con tutte le mie forze.
Il tempo non passava mai, io pensavo che avrei dovuto essere contento della lentezza, ma in realtà l’attesa senza poter fare niente era veramente dolorosa.
L’aereo si abbassava, si vedevano i campi, le strade, le automobili, tutte queste cose “entravano” dentro di me in modo particolare, con la sensazione che forse sarebbero state le ultime cose che avrei visto.
Nell’aereo tutti erano immobili e rigidi, nessuno era preso da attacchi di panico, tutti cercavano di guardare fuori dai finestrini.
Eravamo sempre più bassi. Raggiunta la pista, l’aereo è atterrato dolcemente ed ha proseguito la sua corsa frenando molto lentamente (ci hanno detto dopo che c’era un problema idraulico ai freni), quando finalmente si è fermato il comandante ha spento i motori e siamo stati circondati da mezzi dei pompieri.
Da quel momento tutto è tornato nella routine anche se abbiamo dovuto attendere un po’ per essere trainati fino al terminal.
Questa volta la sensazione che mi è rimasta è la voglia di festeggiare, di vivere intensamente. Mi sembra anche che sia stata la catarsi dalla sensazione di fragilità di sabato scorso.
Non capisco due cose:
1) perché l’altra volta che ho potuto “agire” per aiutare una persone che stava annegando ho riportato una sensazione di fragilità e questa volta che non ho potuto fare niente per sfuggire al destino ho soltanto la sensazione di voglia di vivere intensamente
2) cosa vuole dirmi la mia vita con questi due “segni forti” a distanza di una settimana l’uno dall’altro.
Ci rifletterò.
Domani mattina, prima di andare in ufficio, “urban jogging” alla Defense.
mat
2 commenti:
Dimmi a che ti serve il blog? chi lo può leggere nascosto qui?
Ho chiuso il mio per insostenibile delusione aver constatto ipocrisia somma e mancanza di leggerezza e ironia.
Amo scrivere e credevo ci fosse remota possibilità di scambio divertente anche!
No è tutto grave.
Non è vero che si sta con distacco nei blogs.
sono stata molto osteggiata.
le persone dopotutto esistono anche dietro lo schermo con le loro meschnità e cattiveria.
la crratività ne soffriva.
Ciao, Cristina Ibis
Il tuo blog serve perchè qualcuno come me lo possa leggere e possa emozionarsi ancora per delle dolci parole.
Giorgio
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