venerdì, febbraio 09, 2007

Alla ricerca della felicità - 1

“Nessun luogo può darci la felicità.
Nessun compagno può darci la felicità.
Nessun oggetto materiale può darci la felicità.”
Thamthog Rinpoche (La saggezza di Buddha)

E’ strano per me conoscere persone profondamente depresse.
Anch’io ho insoddisfazioni, dubbi, desideri non realizzati, amarezze, frustrazioni … ma è come se tutto questo restasse ad un livello superficiale: dentro di me trovo sempre un po’ di felicità in cui rifugiarmi.
E’ come se fossi un viaggiatore lungo la strada: a volte piove, a volte c’è il sole, a volte sono stanco, a volte ho fame o sete, ma la mia anima è serena perché so che, qualunque cosa succeda, in un modo o nell’altro, raggiungerò la mia meta.

Altre volte mi sembra che la mia anima “guardi” la mia vita, come un padre guarda il figlio giocare: si rende conto dell’importanza e della serietà del gioco per il bambino, ma sa anche che in realtà si tratta di un gioco.

La fiducia ed il non prendersi troppo sul serio sono sicuramente due antidoti alla tristezza, mi piacerebbe capire perchè a me questo atteggiamento risulta naturale, mentre ad altri risulta più naturale essere tristi o depressi.

Se qualcuno ha qualche idea o spunto ...

mat

5 commenti:

Clelia Mazzini ha detto...

La depressione, Mat, è una malattia, anche grave. Purtroppo, per quanto molta gente lo creda, essa non si cura né con infusioni di felicità "esterna", né tantomeno con letture o aforismi più o meno spirituali. Affinché la depressione non diventi una malattia letale occorrono farmaci, perché quasi sempre nemmeno la psicoterapia può fare molto.
Occorre quindi saper distinguere tra uno stato malinconico, che può essere ricorrente nella vita degli individui, e uno stato depressivo che, ripeto, va trattato sotto il profilo medico-psichiatrico.
E' chiaro che tu puoi - a volte - essere incorso nel primo caso, e mai nel secondo (altrimenti non scriveresti sulla depressione con gli stilemi tipici di chi non ne ha cognizione).
Ti auguro anche di non ammalarti mai di depressione (che, di solito, è sempre la manifestazione apicale di un pregresso evento tragico) perché, purtroppo, anche il tuo orizzonte di felicità temo si ridurrebbe moltissimo.

[Più che da blogger mi sono permessa qui di parlarti da medico, spero che non leggerai una "censura" in quanto ho cercato brevemente di illustrarti].

Ciao, Clelia

maurizio ha detto...

Cara Clelia,
grazie per il commento. Sono d'accordo con te che la depressione, quando si manifesta, debba essere curata e che i farmaci siano la cura più efficace. Però credo che non si manifesti per caso o perchè è scritto nei nostri geni (non lo credo per nessuna malattia), ma perchè noi abbiamo "orientato" la nostra vita in quella direzione. Mi piacerebbe capire che cosa causa questo "orientamento": perchè alcuni di noi sono inclini ad ammalarsi di depressione ed altri no.
Ricambio di cuore l'augurio di non ammalarti mai di depressione, nè di nessun'altra malattia "seria".

Ciao e grazie, mat

Clelia Mazzini ha detto...

La risposta è molto semplice: in buona parte dei casi si tratta di un "lutto" o comunque di una condizione privativa. Diciamo che la morte di una persona cara, in special modo di un coniuge, o di un figlio, ha altissime probabilita di ingenerare, in chi subisce tale condizione, una patologia depressiva.
Esistono comunque molte altre condizioni "infauste" che possono favorire una condizione di depressione. Elencarle qui sarebbe impossibile, non basterebbe il poco spazio di un commento.
Una cosa posso dire, non esiste nessuna predisposizione (o orientamento): nessuno è infatti immune da questa malattia (molti si autoconvincono di esserlo, e sono i casi più difficili da trattare per una eventuale guarigione).

A presto,

Clelia

maurizio ha detto...

Sai, Clelia, io credo che tutte le malattie nascano dentro di noi, ma nella mente prima che nel fisico. E' chiaro che questa posizione è abbastanza lontana dalla visione medico-scientifica corrente e non pretendo di poterla difendere. Il discorso sarebbe lungo, però io mi sento più predisposto verso il tumore piuttosto che verso la depressione (e forse preferirei la depressione!).

Vedendola da un altro punto di vista io fin da molto giovane (penso fin da quando avevo 7-8 anni) ho sempre avuto chiara questa idea in testa: quando non dovessi farcela più (leggi depressione, voglia di suicidio e altre disavventure) avrei tentato una qualche impresa che avevo solo il coraggio di sognare. Per molti anni questa impresa è stata la scalata dell'Everest, poi il giro del mondo in barca a vela, oggi penso che andrei a rifarmi una vita in Sudamerica.
Questo, secondo me, dice due cose: la prima è che ho sempre pensato di avere una "soluzione B" per qualsiasi cosa potesse accadere, la seconda è che io, come sempre, mi rifugerei nel "fare", che è la dimensione dove mi sento libero ed appagato.

E' chiaro che visto da fuori questo discorso è semplicistico: non si può scappare dai propri fantasmi semplicemente andando in cima all'Everest, non è nemmeno detto che in quei casi estremi avrei veramente la voglia di partire ... però io questa cosa la sento vera e profonda dentro di me. Spero anche di non dovermi mai mettere alla prova.

Ciao e GRAZIE.
mat

Anonimo ha detto...

imparato molto