lunedì, luglio 09, 2007

In equilibrio instabile

Sabato ero al mare, sono andato a fare una nuotata al largo.
Un uomo mi seguiva ad una certa distanza. Quando ho iniziato a tornare verso riva, anche lui si è girato ed è tornato indietro.
La spiaggia era ancora piccola e lontana, quando ha iniziato a chiedere aiuto. Mi sono girato, sono tornato verso di lui, aveva bevuto e soprattutto si era impaurito. Annaspava, continuava a bere ed a chiamare aiuto.
Io nuoto bene, ma non conosco la tecnica per salvare persone. Mi sono fermato a circa due metri da lui, terrorizzato dall’idea che si aggrappasse a me e finissimo sott’acqua entrambi.
Gli ho parlato per tranquillizzarlo e gli ho detto di mettersi a morto, che l’avrei portato io a riva. Piano piano si è calmato, l’ho fatto attaccare ad un mio piede ed ho iniziato a nuotare verso riva.
Il mare era un po' mosso e quando eravamo nell'incavo dell'onda, la terra non si vedeva più. Procedevamo molto piano, per fortuna dopo poco si è ripreso ed ha iniziato a nuotare da solo. Nuotavamo piano, chiacchierando, mi ha detto di aver avuto paura, abbiamo parlato del mare, della fatica, con una strana intimità.
Arrivati a riva mi ha ringraziato e poi ci siamo separati.

La prima cosa che non mi aspettavo è che questa avventura mi ha lasciato un’ipersensibilità verso la tristezza: da allora mi sembra intollerabile pensare all’infinita sofferenza del mondo. Mi si blocca lo stomaco quando penso ai bambini che muoiono di fame, alle persone malate, a chi perde il lavoro e non sa come arrivare a fine mese …
Una spiegazione è che forse l’aver vissuto da vicino l’esperienza di quanto sia facile perdere tutto in un solo momento ha generato delle incertezze profonde nella mia mente e la consapevolezza della mia fragilità. Normalmente infatti considero la mia vita attuale solida e stabile, mentre l’esperienza di sabato mi ha dimostrato che in fondo stiamo sempre camminando su una corda tesa sopra un precipizio: un attimo e si vola via!
Banale a dirsi, ma viverlo davvero lascia dei segni profondi.

La seconda cosa strana e che anche quando avevo 22 anni ho contribuito ad aiutare una persona in difficoltà (su una parete di roccia quella volta) e nei giorni successivi l’unica emozione che mi era rimasta era un insieme di forza, non di fragilità!

mat

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