lunedì, luglio 04, 2011

Le onde della vita

La materia che costituisce i nostri corpi è nata molto prima di noi, in qualche posto remoto dell'universo.
Qualche miliardo di atomi costituisce oggi il mio corpo. Probabilmente ogni atomo del mio corpo ha più 4 miliardi di anni (l'età della terra) ed in questo tempo lunghissimo è stato (almeno una volta) cielo, roccia, alberi, animali e altri uomini.
E' facile allora immaginare la vita fisica come un ordine ed un'organizzazione della materia: la mia vita oggi mi permette di "governare" gli atomi che costituiscono il mio corpo. Quando la mia vita fisica non ci sarà più, il mio corpo si dissolverà ed ogni atomo entrerà a far parte di qualche altro sistema organizzato, inanimato o vivente.
Si intuisce allora l'immagine buddhista della vita paragonata ad un'onda sull'oceano: la vita fisica è una forma, un moto nel mare delle particelle elementari. Onde di materia si formano e costituiscono esseri viventi, che poi si dissolvono. Ma la materia, come l'acqua dell'oceano, sarà già in movimento per formare altre onde ed altre vite individuali nasceranno. Potranno essere uomini o insetti, fiori o batteri, alberi o pesci in quell'incessante movimento delle onde della vita.
Mi rendo conto che non è facile esprimere questi concetti, ma spero di riuscire almeno a dare uno spunto per riflettere ed uno spiraglio per intuire.

mat

venerdì, luglio 01, 2011

La montagna

Iniziai ad amare la montagna fin da bambino. Mi piaceva vivere all’aria aperta e mi piaceva la sfida con me stesso: volevo sempre andare un po' più avanti, arrivare un po’più in alto.
Da bambino amavo soprattutto i boschi ed i prati. Il profumo dei pini e quello dell’erba tagliata erano per me il profumo della gioia e della libertà. Amavo correre, giocare ed osservare gli insetti. Mi affascinavano questi piccoli esseri vivi, così diversi da noi, eppure in fondo così uguali, che come noi vedevano, camminavano, provavano dolore, avevano bisogno di nutrirsi e se li prendevo in mano cercavano di scappare.
Da ragazzo iniziai ad amare le rocce e l’aria sottile dell’alta quota. Mi piaceva arrampicare, eseguire movimenti che mi permettevano di salire dove pochi osavano spingersi. Mi piaceva affrontare la paura del vuoto, imparare a fidarmi delle mie mani spellate dalla roccia e del mio cervello in grado di inventare una via dove non era evidente.
Ogni ragazzo deve mettersi alla prova per capire fino a dove lo possono portare la sua forza e la sua intelligenza. Ed io avevo bisogno delle montagne per accrescere la fiducia in me stesso.
Amavo la roccia anche perchè rappresentava qualcosa di fisso ed immutabile. Spesso infatti mi capitava di ripetere alcune vie e notavo che pur a distanza di tempo, i miei movimenti erano gli stessi. Mi sembrava allora che arrampicare fosse qualcosa di eterno ed avevo la sensazione che la via percorsa rimanesse dentro di me per sempre: avrei potuto rifarla in ogni momento e riviverla in modo esattamente uguale a come era nella mia memoria. Per lo stesso motivo non mi piacevano le salite su ghiaccio; le condizioni della montagna erano sempre diverse, la salita era legata al "qui ed ora" e lasciava dentro di me un ricordo "instabile". Sapevo infatti che ogni ripetizione sarebbe stata diversa: avrei dovuto ripartire da zero ed i miei ricordi non avrebbero avuto alcun valore.
A quei tempi ero assolutamente convinto che il "qui e ora" non avessero alcun valore rispetto all'eternità, quasi che lo scorrere del tempo non fosse che un incidente di percorso dell'eternità.

mat

La nascita

La vecchia tartaruga nuotava verso la superficie, aveva bisogno di respirare. Da cento anni nuotava nelle profondità fredde e buie dell’oceano e quasi non ricordava il profumo dell’aria. Allungò il collo e mise la testa fuori dall’acqua.  Immediatamente fu presa prigioniera dal giogo ed iniziò a dibattersi, ma era troppo tardi. Ci fu un rumore come di ossa sbattute contro oggetti metallici.
Una antica leggenda tibetana dice che la rinascita in forma umana è meno probabile del fatto che una tartaruga che emerge soltanto una volta ogni cento anni, infili la testa dentro un unico giogo galleggiante nell’immensità dell’oceano.
I miei genitori avevano appena terminato di fare l’amore. Uno spermatozoo stava penetrando nell’ovulo. Una nuova vita stava nascendo ed ero io: da una profondità oscura stava emergendo un piccolo corpo di energia caldo e scuro. Il rumore di oggetti metallici era sempre più forte. C’era come una sensazione d’angoscia e compresi che stavo morendo ad una vita precedente. Vidi chiaramente dei legami che cercavano di trattenermi nella profondità. Non sembrava un mondo felice, piuttosto era tetro e cupo, sotterraneo. Il mio corpo sembrava emergere da un pozzo ed era privo di consapevolezza, forse proveniva da un mondo in cui la vita era indistinta ed unica per tutti gli esseri.
Ero del tutto privo di amore e di conoscenza. Ero la vita individuale allo stato primordiale. Senza poter controllare nulla di quanto stava accadendo e senza poter comunicare con nessuno, la mia vita entrò nel minuscolo embrione ed il rumore scomparve, insieme all’angoscia ed alla consapevolezza.
Mia madre non si era accorta di nulla.

mat